L’endometriosi è una patologia estrogeno-dipendente, spesso dolorosa, piuttosto frequente nelle donne, specialmente in età fertile, caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale (il tessuto che normalmente si trova solo all'interno dell’utero) in eccesso e in sedi "anomale", ossia al di fuori dell’utero e che causa di conseguenza uno stato di reazione infiammatoria cronica. Nella donna affetta da endometriosi, questo tessuto si sviluppa anche dove non dovrebbe esserci, come ad esempio nell’intestino e in sede extra-pelvica, ma la localizzazione più frequente è quella ovarica.
L’endometrio in eccesso (o ectopico) risponde agli stimoli ormonali tipici dell’ovulazione come il normale endometrio: cresce durante la prima metà del ciclo, si arricchisce di sostanze nutritive e poi si sfalda. Il sangue che fuoriesce dal tessuto durante lo sfaldamento (e che coincide con il periodo mestruale) irrita i tessuti circostanti richiamando le cellule di difesa e causando una reazione infiammatoria. Alla fase acuta dell’infiammazione segue quella della “cicatrizzazione”, con la formazione di aderenze e cicatrici all’interno dell’addome che portano ad un peggioramento della sintomatologia.
Realizzato dalla Fondazione ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), con il contributo incondizionato di Inpha 2000.
Esistono diverse tipologie di endometriosi: ovarica, vaginale, vescicale e pelvica.
Appartiene alla categoria delle endometriosi “esterne” ed è la più frequente. Essa è caratterizzata dalla presenza di cisti che possono avere varie dimensioni -da alcuni millimetri fino a raggiungere 10 centimetri- e che contengono sangue mestruale, motivo per cui vengono definite anche cisti "cioccolato" per il colore del loro contenuto e la cui rottura può causare forti dolori all’addome, nausea, vomito e perdita di sangue dalla vagina.
È una tipologia di endometriosi profonda caratterizzata da formazioni nodulari solide, che si trovano generalmente nel retto, negli ureteri (piccoli canali che portano l’urina dal rene alla vescica) e nel retroperitoneo (zona dell’addome che si trova dietro al peritoneo, membrana che riveste gli organi dell’addome) e possono raggiungere dimensioni di circa 5-6 cm. Questi noduli possono essere presenti anche tra il retto e la vagina, condizione che può sfociare in rapporti sessuali dolorosi, oltre a dolore durante la defecazione e la minzione, ma soprattutto durante il ciclo mestruale.
Esistono due forme di endometriosi vescicale, una forma primaria e una secondaria. Entrambe possono arrivare a coinvolgere la vescica (1-2% dei casi) e sono caratterizzate dalla presenza di cisti a livello del tratto urinario, soprattutto nel peritoneo vescicale e, meno frequentemente, a livello dell’intestino.
Appartiene alla categoria delle endometriosi “interne” e si distingue dalle precedenti perché, mentre nelle prime sono presenti prevalentemente lesioni emorragiche (eccessivo sanguinamento per un periodo di tempo prolungato), essa presenta invece lesioni di tipo adenomiosico (il tessuto endometriale invade il miometrio, ovvero le pareti muscolari dell’utero). Per questo motivo è ritenuta generalmente la vera causa del dolore pelvico cronico e della dismenorrea.
In molte donne l’endometriosi non presenta sintomi se non dopo diversi anni e viene diagnosticata attraverso un’ecografia o un intervento di chirurgia. Altre volte, invece, sono presenti una serie di sintomi che posso raggiungere un carattere addirittura invalidante.
Il sintomo principale dell'endometriosi è il dolore, localizzato nella parte inferiore dell’addome, al di sotto dell’ombelico; esso può essere acuto se ha una durata massima di 2 o 3 mesi, o cronico se perdura per più di 6 mesi. Esso è causato innanzitutto dallo sfaldamento dell’endometrio che porta ad irritazione, ma anche dalla presenza di aderenze cicatriziali che irrigidiscono gli organi coinvolti, motivo per cui il dolore può aumentare durante il ciclo mestruale (dismenorrea), nel periodo peri-mestruale (ad esempio durante l’ovulazione), durante la defecazione e la minzione e nei rapporti sessuali, accompagnato spesso da stanchezza fisica cronica.
Le cause non sono ancora del tutto chiarite, anche se ci sono diverse teorie a riguardo.
Spesso la diagnosi, purtroppo, è tardiva. Il primo step è una precisa anamnesi: sarebbe bene riferire al proprio medico e nel modo più preciso possibile se sono presenti uno o più sintomi quali dolore durante il ciclo mestruale, durante i rapporti sessuali, durante la minzione. Si passa successivamente ad un esame ginecologico bimanuale (la “classica” visita ginecologica), necessario per valutare un problema specifico come il dolore pelvico o il sanguinamento vaginale.
L’ecografia transvaginale è un’altra tipologia di esame che si può effettuare e permette di visualizzare, tramite delle immagini, la presenza di noduli e cisti endometriosiche nelle ovaie, nell'utero e negli altri organi pelvici, anche se molto spesso è difficile evidenziarli date le loro piccolissime dimensioni.
In alcuni casi più specifici può essere richiesta la RMN (risonanza magnetica), ma l’esame con più precisione diagnostica è rappresentato dalla laparoscopia che, pur essendo una tecnica chirurgica invasiva (viene introdotta nell’ombelico una sonda collegata a una telecamera) permette di diagnosticare con più precisione ed immediatezza la presenza delle cisti e, in alcuni casi, l’asportazione o la demolizione delle stesse, assumendo quindi una funzione anche terapeutica.
Il principale obiettivo del trattamento è di tenere sotto controllo il dolore e la lesione ovarica, oltre a rallentare la progressione della malattia. I farmaci principalmente consigliati sono gli analgesici e gli antinfiammatori (per tenere sotto controllo il dolore), ma il loro utilizzo deve essere limitato nel tempo a causa dei loro noti effetti collaterali; essi sono inoltre associati a quella che comunemente è conosciuta come pillola anticoncezionale, ossia un preparato a base di progesterone o costituito da associazioni estro progestiniche, che non presenta limiti di assunzione temporali e agisce molto bene sul dolore.
Il ricorso alla chirurgia deve essere attentamente valutato e viene proposto dal medico solo quando non si hanno alternative; questo delicato intervento chirurgico, infatti, può portare ad effetti indesiderati poiché spesso si rischia di danneggiare, durante l’operazione, anche i circostanti tessuti sani, diminuendo il potenziale riproduttivo della paziente.