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Secondo la SIGO il COVID-19 ha messo a rischio “8.000 trattamenti PMA con potenziale perdita di 1500 nascite”

La SIGO (Federazione Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia) ha creato nuove raccomandazioni per la pronta ripresa dei trattamenti di PMA (procreazione medicalmente assistita), nella fase 2 della pandemia COVID-19 in corso.
Quando il lockdown sarà superato i trattamenti dovranno, infatti, riprendere, sapendo che ogni mese di inattività determina una mancata esecuzione di circa 8.000 trattamenti, con una potenziale perdita di 1500 nascite.

La SIGO comunica che in Italia, un terzo dei trattamenti di PMA avviene in coppie dove il partner femminile ha più di 40 anni. Quindi? Manca un pezzo per dare significato alla frase.

Secondo la SIGO “allo stato attuale non sussistono prove scientifiche che indichino un rischio specifico di trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2 attraverso le pratiche di PMA e che i Centri di PMA lavorano in un ambiente protetto, atto a salvaguardare sia le pazienti, sia gli operatori sanitari”.

In base alle nuove raccomandazioni si raccomanda di effettuare un’attenta anamnesi e valutazione clinica preliminare, avvalendosi del teleconsulto.

La SIGO si impegnerà a raggiungere una modalità certificata e riconosciuta a livello istituzionale per questo tipo di anamnesi a distanza.

In caso di pazienti che risultano asintomatiche e negative, si potrà fare il prelievo ovocitario o il transfer di embrioni congelati.

In caso di paziente con sintomatologia conclamata. prelievo e transfer dovranno essere rimandati.

Fonte: Dire.it